Il lupo e il fiorellino - per non dimenticarsi di chi ci ha resi liberi
La foresta dell’Aspromonte, impenetrabile e arcigna, era il regno del Lupo, il più feroce e selvaggio abitante di quei luoghi. Egli dominava una zona vastissima scorrazzando in lungo e in largo; era temuto e rispettato da tutti.
La sua ferocia proverbiale faceva tremare i bambini, accovacciati al calore del camino nelle fredde sere d’inverno e il suo aspetto terribile, il suo lucido mantello nero e i suoi occhi malvagi intimorivano anche i cacciatori.
Nelle notti senza luna, il suo ululato raggelava il sangue nelle vene quando echeggiava nella buia vallata e i cacciatori imbracciavano i fucili, le mamme stringevano forte i figlioletti e pregavano che si allontanasse presto.
Lupo girava sempre da solo, della sua montagna conosceva ogni anfratto ed ogni filo d’erba ma sulla cima del Montalto non c’era mai stato.
Era un monte roccioso e brullo, senza boschi, senza nulla da cacciare, ma quella mattina Lupo era sazio perché durante la notte aveva divorato quattro pecore, giù in paese, e si era divertito a schivare le fucilate dei pastori, a prendere in giro i cani, a terrorizzare i bambini.
Allora si arrampicò sulle rocce e, sali, sali, arrivò fino in cima. Da lì poteva vedere tutto l’Aspromonte con le sue vallate, i suoi boschi verdi e bui; lontano lontano, quando la nebbia si diradava un po’, riusciva a intravedere anche il mare.
“E’ bellissimo,” - pensò - “tornerò spesso quassù a vedere il mio regno tutto insieme.”
Per il resto su quella cima non c’era altro. Lupo si voltò ma non trovò nemmeno un filo d’erba; e dove poteva crescere senza neanche una zolla di terra?
Ma, mentre si accingeva a scendere, sentì una vocina.
- Ciao Lupo.
Egli, sempre allerta, sfoderò i suoi artigli pronto a difendersi, si girò ma non vide nessuno.
- Ciao Lupo.
- Chi è che mi chiama? Esci fuori se hai coraggio!
- Sono qui Lupo, fra le rocce, sono un Fiorellino.
- Un Fiorellino? E che ci fai qui? - lo vide, piccolo picccolo, un Fiorellino giallo in un buco fra le pietre.
- Ciao Fiorellino, come hai fatto a crescere sulla pietra?
- Il vento mi ha portato, insieme a un po’ di polvere, quand’ero ancora un seme, è stato difficile crescere ma ce l’ho fatta. Però da questo buco non vedo niente, com’è il mondo?
Gli occhi del Lupo brillarono.
- Il mondo è meraviglioso - disse - tutti ti vogliono ammazzare o chiudere in gabbia, ti vorrebbero far diventare un cagnolino che mangia nella ciotola e lecca le scarpe del padrone. Perciò bisogna lottare sempre, non fidarsi di nessuno, colpire e fuggire, non fermarsi mai. Il mondo è meraviglioso!
- Tu dici che il mondo è meraviglioso, ma come fa ad esserlo se devi lottare sempre e devi sempre fuggire?
- Io sono un Lupo - rispose orgoglioso - che Lupo sarei se non lottassi sempre?
- Hai ragione, sei un Lupo, io invece sono solo un Fiorellino, il mondo da questo buco non lo vedrò mai e appassirò qui senza sapere niente.
Il Lupo si commosse. In fondo, sotto quella corazza dura che gli serviva per proteggersi, il suo cuore era tenero come quello di un agnellino.
- Facciamo così - disse - io verrò a trovarti qualche volta e ti racconterò il mondo, ti dirò tutto quello che faccio, le mie battaglie, le mie fughe, ti racconterò anche la mia paura, perché sono sicuro che non la dirai a nessuno.
Tu, però, promettimi una cosa, anche tu mi racconterai qualcosa, mi racconterai la rugiada, le canzoni del vento, i giochi delle nuvole che non ho mai il tempo di guardare.
- Te lo prometto.
Lupo si avviò felice, emozionato per quel dolce incontro.
Durante i giorni che seguirono Lupo fu impegnato a sfuggire agli uomini del paese che gli davano la caccia. Poi impiegò tutta una notte per individuare le trappole disseminate nel bosco. Infine, stanco, si arrampicò sul Montalto e si sdraiò accanto al Fiorellino.
- Ti aspettavo, sai, ho sentito le fucilate dei cacciatori e il tuo grido di guerra, ho avuto paura per te ma sapevo che ce l’avresti fatta.
Lupo raccontò al Fiorellino le disavventure degli ultimi giorni.
- E tu, Fiorellino, cosa mi racconti?
Fiorellino gli narrò tutta la noia delle sue giornate, ma gli narrò pure tutta la poesia della natura, il ronzio delle api, il volo degli uccelli, il profumo della notte, il rumore della pioggia.
Lupo era affascinato e capì che non poteva più fare a meno del Fiorellino.
- Vuoi venire con me? – gli chiese.
Fiorellino rise.
- Mi piacerebbe, ma come faccio a venire con te?
Lupo avvicinò la sua zampa.
- No, attento, i tuoi artigli sono affilati, potresti farmi male.
- Hai ragione, come posso fare?
Lupo si ricordò della sua forza. Sferrò una zampata sulla roccia e ne spezzò il grosso pezzo che conteneva il Fiorellino.
- Ora ti porterò sempre con me. - disse illuminato di gioia.
Lupo portò il Fiorellino in giro per la montagna e gli fece conoscere tutti gli alberi del bosco, saltarono felici nei torrenti impetuosi e si spinsero fino alle porte del paese.
- Ecco, vedi, quelle sono le case degli uomini, e in quell’ovile c’è la mia cena. Aspetteremo la notte e poi andremo a caccia. Ho una fame da lupo!
- Ah, ah, ah - risero felici.
Appena calarono le tenebre Lupo, portando con sé la grossa pietra col Fiorellino, si avviò verso il recinto ma, ahimè, quella sarebbe stata una triste notte!
I cacciatori erano appostati nei pressi e spararono a Lupo prima che si avventasse sulle pecore ma, a causa del buio, non lo colpirono. Lupo saltò schivando i proiettili e fuggì in direzione del bosco. Ma altri cacciatori lo aspettavano sul sentiero. Lupo si avventò su uno che gli sbarrava la strada e lo ferì.
- Stai tranquillo Fiorellino, me la caverò anche questa volta.
I cacciatori lo inseguirono con i cani e Lupo fu costretto a correre per ore e ore, fin quando cominciò ad avvertire il peso della roccia ed ansimò stanchissimo mentre i cacciatori si avvicinavano sempre di più.
- Lasciami Lupo, pensa a salvarti, mollami qui! - lo implorò il Fiorellino.
- Non ti lascerò mai - gli rispose lui - cosa sarebbero le mie giornate senza di te?
- Lasciami, ti prego, ti ammazzeranno.
Non fece in tempo a finire la frase che il rombo del fucile echeggiò sinistro. Lupo, colpito alle spalle, ululò e cadde, imbracciando la pietra, poi raccolse le sue forze, si alzò stringendo i denti per il dolore e riprese la fuga. Ma altri colpi lo raggiunsero alle zampe, al collo, alla testa, finché non ce la fece più a correre e si sdraiò nell’erba alta.
Fiorellino piangeva disperato. I cani si fermarono impauriti a qualche metro di distanza e i cacciatori accorrevano.
- Fiorellino, Fiorellino mio, prima che mi diano il colpo di grazia, ti prego, raccontami la rugiada.
- Ti voglio bene. - gli sussurrò Fiorellino all’orecchio, poi una scarica di proiettili lo finì.
- Che stupido lupo, - dissero i cacciatori - si è fatto ammazzare pur di non mollare quella pietra.
Lo caricarono sul cassone del motocarro e lo portarono via per mostrarlo in paese.
Fiorellino pianse per tanto tempo. Quando il sole si alzò alto nel cielo, si accorse che le fucilate dei cacciatori avevano frantumato la pietra che lo imprigionava e le sue minuscole radici si erano aggrappate alla terra.
Visse tristemente la sua stagione. Ogni tanto, guardando il cielo, gli sembrò di vedere il volto del Lupo, ma era solo un nuvolone nero, pieno di pioggia. Qualche volta gli sembrò di sentire anche la sua voce “...raccontami la rugiada...” ma era solo il vento che passava fra i rami dei pini alti.