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Chissà che cosa avrà provato il piccolo pettirosso, uscendo dal furgone
e pregustando la libertà ritrovata, una volta catapultato in un mondo a
lui estraneo. Ma io mi auguro che anche in città, seppure circondato da
cemento ed altri mille oggetti ostili, quel pettirosso abbia trovato un
cespuglio, un giardinetto di una vecchia casa, una siepe di qualche
parco, che possano costituire per lui una nuova casa. O magari, per un
colpo di fortuna, qualche altro suo simile disperso come lui… Un po’
come tanti nostri emigranti, che si sono stretti ai loro compagni di
ventura, nel tentativo di ritrovare il sapore del proprio nido
abbandonato. Gli storici hanno chiamato questo fenomeno “catena di
richiami”, io, nel mio piccolo, preferisco chiamarla solidarietà di chi
condivide una sorte comune. Ma forse, più semplicemente, il piccolo
pettirosso sta brigando per trovare la strada smarrita, quel mondo che
inconsapevolmente e senza colpa di alcuno ha improvvisamente perduto. E
il suo istinto - quella forza che lui possiede in maniera molto più
fine e sviluppata di noi civili ed artificiosi esseri umani - lo
porterà, forse, alla meta cercata.
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